Dissertazioni poco filosofiche

Tema della giornata di oggi: de inutilitate communibus vivendi, taduzione maccheronica di personali riflessioni sull'impossibilità di vivere insieme ad altri soggetti. Nonostante la tradizione classica apostrofi l'uomo come "animale sociale", mi permento di dissertare in proposito: come si può pretendere una convivenza civile tra esseri di per sè incivili?E tra gli incivili mi pongo io stessa in prima linea, dato che al momento scrivo sul blog anzichè ascoltarela lezione, dimostrando grande maleducazione e disinteresse verso il Professore ed il suo ruolo istituzionalmente riconosciuto. Ad ogni modo, come mi si può chiedere di sopravvivere, anzi come diamine lo si può pretendere, tra sconosciuti abietti, per cui "inteligenza" è una versione post moderna di "intelligenza" e "una pila di piatti da lavare al giorno toglie il medico di torno"? Ma il detto vale solo se li lavi tu. Non mi dovrebbe forse scandalizzare questo egoismo? Questa prepotenza? Il dire: "io sono così, tutti fan così, sei tu che sei matta". Per quieto vivere poi lasci correre, lavi i piatti, non correggi i congiuntivi, permetti che le situazioni scivolino senza pretendere che la controparte dia di sè la stessa percentale di fegato che dai tu. Ci si rimprovera troppo spesso per i propri limiti. Mi si rimprovera troppo spesso dei miei limiti e dei miei guai, della mia ignoranza, perchè se non segui Cecchi Paone all' "Isola dei famosi"sei out. Ed io, per natura polemica e ripetitiva opto per il lathe biosas, il "vivi nascostamente" e mi ritiro in solitudine, per non dover più lavare piatti a uffa e non dover sembrare strana se dopo una giornata di 28 ore lavorative pretendo silenzio e rispetto per gli esaurimenti nervosi del prossimo. Ogni regola ha le sue eccezioni: scopro oggi, nel mio inutile sfogo, di essere un orco e di riassumere in me quanto c'è di più a-socialmente riconosciuto nel nostro universo comunicativo. Che abbia sbagliato nel cercare una laurea specialistica in "Giornalismo"...